Pazzesco quello che hanno scoperto su questo farmaco: per prevenire e trattare l’Alzheimer attento agli effetti indesiderati.
L’Alzheimer è una malattia degenerativa che influisce sulla memoria, sul comportamento e sulla comunicazione. Colpisce il cervello umano, portando alla perdita della memoria, modifiche della personalità ed incapacità a relazionarsi con il mondo. È la forma più comune di demenza, che colpisce la maggior parte delle persone anziane. Tuttavia, le persone più giovani sono purtroppo soggette a questa malattia in modo significativo. Si stima che il 25 percento delle persone con Alzheimer sviluppi la malattia prima dei 65 anni.
I sintomi dell’Alzheimer possono variare da persona a persona, tuttavia i primi segnali sono abbastanza comuni, a cominciare dalla difficoltà a ricordare eventi recenti o nomi di persone con cui interagisce. A volte, possono svilupparsi comportamenti anomali e modifiche della personalità, che possono essere confuse con l’invecchiamento naturale.
Una storia familiare di malattia o parenti stretti con la malattia è un fattore di rischio chiave, ma sono altri fattori a determinare la vulnerabilità. Alcune malattie, tra cui quelle cardiovascolari, un ictus o il diabete possono portare ad un aumento del rischio di demenza, così come un’età avanzata.
L’Alzheimer è generalmente una malattia progressiva, ma ci sono trattamenti che possono rallentarne la progressione e fornire ai pazienti un migliore comfort e qualità della vita. Il trattamento più importante è il mantenimento del nostro benessere, con attività fisiche moderata, un’alimentazione sana, riposo adeguato ed una sana interazione sociale.
Ci sono diversi farmaci che possono aiutare i pazienti ad affrontare i sintomi della malattia. I farmaci chiamati anticolinesterasici sono i più comunemente prescritti per aiutare con la memoria e il ragionamento. Inoltre, possono essere prescritti integratori per alleviare lo stress e ridurre l’ansia e la depressione.
Un team di studiosi della Washington University School of Medicine a St. Louis ha scoperto una via alternativa per prevenire la neurodegenerazione nell’Alzheimer e nelle malattie legate all’accumulo di proteina tau (taupatie). La ricerca, condotta sui topi, suggerisce che per prevenire la malattia è importante bloccare l’ingresso e l’attivazione delle cellule T, che sono una parte del sistema immunitario e che rispondono alla chiamata delle cellule della microglia nel cervello. Queste cellule T sono tra i maggiori responsabili dei danni neurologici che si producono nell’Alzheimer e nelle taupatie.
Il team ha scoperto che, inibendo le cellule T, è possible ridurre la risposta immunitaria indotta dalla microglia e quindi ridurre il danno al cervello. Durante la ricerca è stato osservato anche che inibendo l’attivazione delle cellule T c’era una riduzione del livello di proteina tau nei topi. I ricercatori sperano che la scoperta possa aiutare a sviluppare terapie più efficaci nel trattamento dell’Alzheimer e della malattie legate all’accumulo di tau in futuro. Il prossimo passo sarà quello di condurre studi sull’uomo per confermare gli effetti del blocco delle cellule T nel trattamento di queste malattie.
Il Dott. Holtzman e i colleghi della Washington University School of Medicine di St. Louis hanno pubblicato i loro risultati su Neuron. Gli esperti hanno scoperto che le cellule T attivano processi di neurodegenerazione nel cervello delle persone affette da malattie correlate alla tau, come l’Alzheimer, la demenza a corpi di Lewy e le sindromi frontotemporali. Holtzman spiega: “Nel nostro studio, abbiamo dimostrato che un accumulo di cellule T coinvolte nella risposta immunitaria nel cervello dei soggetti con taupatie potrebbe effettivamente promuovere la neurodegenerazione. Abbiamo anche identificato un riarrangiamento delle proteine del tau, che dimostra che le cellule T possono innescare processi neurodegenarativi direttamente, aumentando ulteriormente il rischio di un individuo di sviluppare queste malattie devastanti”.
Gli sviluppatori di farmaci sono incoraggiati dalle nuove scoperte di Holtzman e della sua squadra, in quanto queste possono portare al diverso uso dei farmaci già presenti in commercio e ad una eventuale creazione mirata di farmaci in grado di contrastare l’invecchiamento cerebrale. Ciò consentirà ai ricercatori di progettare in modo più specifico test clinici per l’Alzheimer e le taupatie.
Il Dott. Holtzman ritiene che i risultati del suo studio offrano nuove speranze. “La nostra ricerca mostra che le cellule T possono influenzare direttamente la neurodegenerazione in presenza di malattie correlate alla tau. Questa scoperta fornisce la base per testare metodi di trattamento mirati sulle cellule T che possono aiutare a rallentare o arrestare la progressione della malattia”.
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