L’assegno è un obbligo anche per i figli maggiorenni. Ecco cosa dice la legge e perché non finisce compiuti i 18 anni.
Quando una coppia si separa la priorità per la legge è ovviamente quella di tutelare eventuali figli nati dalla relazione. C’è ovviamente la questione legata all’affido, e con quale genitore dovrà vivere il bambino. Uno dei motivi di discussione maggiori però è quello che riguarda l’assegno di mantenimento dei figli, che per legge spetta a chi dei due coniugi è più debole economicamente. Questo assegno e la cifra sono predisposti dal giudice in caso di separazione non consensuale e in maniera autonoma in caso di separazione consensuale.
Chi versa l’assegno è solitamente chi dei due coniugi ha un reddito maggiore rispetto all’altro, mentre l’altra parte è beneficiario. Questo può essere l’ex coniuge ma anche il figlio maggiorenne della ex coppia.
Assegno di mantenimento, l’obbligo anche per i figli maggiorenni
Secondo il nostro emendamento infatti i genitori hanno l’obbligo di mantenere i figli, anche maggiorenni, sin quando non sono autosufficienti economicamente. Contrariamente a quanto si possa pensare infatti l’obbligo non cade con la maggiore età.
Questo riguarda il mantenimento economico, ma anche il sussidio e l’accompagnamento nella crescita dei figli fino all’età adulta. Chi non adempie all’obbligo va incontro ad una mancata responsabilità extracontrattuale ed ha obbligo fi risarcire il danno provocato.
Obbligo dell’assegno di mantenimento, quando decade
Questo non significa che il figlio maggiorenne possa “cullarsi” sul poter essere mantenuto dal genitore. I limiti di tempo e misura entro cui infatti il genitore è chiamato a sostenere il figlio deve essere ragionevole, e basate sulla capacità di potersi mantenere in maniera autosufficiente. Se invece il figlio è nelle condizioni di potersi mantenere ma per colpa sua non ne trae profitto l’obbligo di mantenimento viene meno.
In questo caso è il figlio che sceglie di non mantenersi ma di gravare sul genitore. In questo caso ci si sottrae all’obbligo di auto-responsabilità. Ed è per questo che il genitore può sottrarsi dal pagamento dell’assegno di mantenimento. In caso però il figlio dimostri di trovarsi in una condizione di non autosufficienza incolpevole la colpa ricade sul genitore. Dovrà essere il figlio in caso a provare di avere fatto tutto il possibile per trovare una occupazione lavorativa.
Per calcolare l’assegno di mantenimento vengono calcolati il tenore di vita e le esigenze del figlio. Ovviamente centrale è anche il reddito dei genitori e la disponibilità che hanno di garantire al sostentamento del figlio.
Questo recita la disposizione della Cassazione: “il provvedimento di revisione dell’assegno di mantenimento dei figli, sia minorenni che maggiorenni non autosufficienti, nati fuori dal matrimonio, presuppone come per le analoghe statuizioni patrimoniali pronunciate nei giudizi di divorzio e separazione, non soltanto l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori, ma anche la sua idoneità a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento. Ne consegue che il giudice non può procedere ad una nuova e autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno, ma nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell’attribuzione originaria, deve limitarsi a verificare se, ed in quale misura, le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione all’eventuale nuova situazione patrimoniale”.